San Giorgio Ingannapoltron Valpolicella e La Pieve

San Giorgio di Valpolicella

Ai piedi delle colline della Valpolicella basta alzare gli occhi per essere attratti da questo piccolo gioiello architettonico-paesaggistico.
Visto dal basso il paese sembra a portata di mano, raggiungibile con pochi passi. Mano a mano che ci si avvicina, percorrendo la strada tortuosa, si scorgono le case che sorgono dalla roccia, la stessa pietra con cui sono state costruite.
Il borgo si svela così come nei tempi antichi, una naturale fortezza che si raggiunge però dopo un cammino lungo e faticoso nonostante la prima impressione di vicinanza. Da ciò deriva appunto il nome "ingannapoltron".
Questo soprannome sembra che risalga al medioevo quando la scherzosa parola "poltron" fu aggiunta al toponimo "San Giorgio in Ganna": un attributo che alcuni studiosi fanno risalire a "ganne", nome pre-romano pertinente alle Alpi orientali, che significherebbe semplicemente "mucchio di pietre" o "località rocciosa e pietrosa".
Il paese di San Giorgio è infatti legato, sin dall'antichità, ad un'intensa attività di estrazione e lavorazione di marmo pregiato. Inserito nei Borghi più Belli d'Itralia

La Pieve

La Pieve di San Giorgio è uno dei più importanti momumenti di età romanica del territorio veronese.
La particolarità della chiesa è la presenza di due absidi sui lati opposti a testimoniarne le diverse fasi edilizie: l'abside unico situato ad ovest e buona parte dell’apparato murario appartengono alla prima chiesa altomedievale, mentre l'ampia zona orientale con i tre absidi, il campanile ed il chiostro risalgono all'epoca romanica. Nonostante questi interventi siano lontani nel tempo la costruzione mantiene la sua armonia grazie al costante uso nella pietra locale.

Gli studiosi fanno dunque risalire la parte occidentale all'età longobarda grazie ad un'incisione scolpita sulle colonne del Ciborio, attualmente situato sull'altare orientale: la scritta datata 712 d.C. ricorda che l’opera fu realizzata da Orso capomastro con i suoi discepoli Juventino e Juviano ai tempi del re longobardo Liutprando e che a quell'epoca Domenico era il Vescovo di Verona. Un caso veramente raro per opere di questo periodo.
La chiesa ha una pianta a tre navate e quella centrale è doppia in larghezza, secondo un modulo di tradizione classica.
Al suo interno numerosi sono gli interventi pittorici e scultorei realizzati in diverse epoche. Da segnalare sono i resti pittorici che ornano la sezione centrale dell’ingresso a ovest eseguiti indicativamente tra la fine del XI sec. e l'inizio del XII sec.: nella calotta absidale, su uno sfondo azzurro, troneggia il Cristo benedicente (Pantocratore), inserito dentro una mandorla a più cornici di colore rosso, azzurro e bianco. Ai fianchi della mandorla dovevano esserci i simboli dei quattro evangelisti.
Accanto alla Pieve fu costruito nel XII secolo il Chiostro, ancora intatto per tre lati. In discreto stato di conservazione sono le decorazioni che ornano i capitelli delle colonnine, sui quali compaiono varie tipologie ornamentali attinenti al repertorio in uso nei bestiari e nei florarii fantastico-religiosi d’epoca medievale.
Da notare infine accanto al Chiostro la bella sala trecentesca, detta la Colleggiata, luogo edificato per ospitare il collegio dei canonici assegnati alla Pieve ai tempi della giurisdizione scaligera.

A fine aprile 2010 viene inaugurata la nuova porta di ingresso sul lato ovest. Questo ultimo intervento è stato progettato dall'architetto Libero Cecchini: una grande scultura moderna in pietra, che quando è chiusa, non avendo maniglie e decorazioni, diventa come un muro, un elemento di estrema essenzialità in linea con la semplicità della chiesa. Ciascuna anta è alta 3 metri e 24 centimetri e pesa circa 1.500 chili.
La porta si apre tramite fotocellula, svelando lentamente la bellezza dell'interno e custodendo, alla sua chiusura, la solennità del rito e l'intimità della preghiera.

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